Dalla Transumanza alle comunità di mestieri: la lunga emigrazione amatriciana e le corporazioni di tripparoli, caprettari, vignaioli e bettolanti.

Dalla Transumanza alle comunità di mestieri: la lunga emigrazione amatriciana e le corporazioni di tripparoli, caprettari, vignaioli e bettolanti.

Foto di Mario Ciaralli

La più antica relazione tra l’alta  Sabina e l’agro romano si consolidò sui tratturi della Transumanza, quel meccanismo economico che, presupponendo l’interdipendenza e la complementarietà tra montagna e pianura, per molti secoli ha vivacizzato l’una e l’altra. La relazione generata dalla Transumanza costruì una fitta rete di rapporti con l’Urbe: a partire da inizio Cinquecento, il centro di Roma divenne meta di contadini e pastori che commerciavano i prodotti della campagna, ma anche macellai, erbivendoli e norcini. Le “comunità di mestiere” amatriciane si concentrarono intorno a Piazza San Salvatore in Lauro, dove tutt’ora si trovano esercizi commerciali e abitazioni di proprietà di famiglie amatriciane. Anche la toponomastica storica testimonia questa presenza: alla fine del Cinquecento, esistevano il “Vicolo dei Matriciani”, parallelo al vicolo delle cinque lune, e il “Vicolo dei Pinacoli”, tra piazza Madama e via S. Agostino, strade ormai  scomparse per dar posto al Corso del Rinascimento, che anticamente si chiamava “Vicolo del Pinaco”, frazione di Amatrice.

(dal libro “Le vie della Transumanza”, articolo di Francesca Sabatini)

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